Il Matrimonio nella volontà di Dio
dott. Osvaldo Poli
Il legame matrimoniale, lettura psicologica del sacramento
La volontà umana crea il legame e ne è il fondamento ultimo, o più propriamente si limita ad “accettarlo”, quando gli si presenta come possibile e desiderabile?
Per lo sguardo di fede, la volontà umana di legarsi ad un’altra persona non è il fondamento ultimo del matrimonio. Essa ha valore solo se coincide con l’intenzione divina che precede e suscita il desiderio umano di unirsi in matrimonio.
È la volontà di Dio che fa desiderare e volere di diventare marito e moglie e lo ha reso pos- sibile. Il sì della promessa esprime l’adesione alla Sua volontà di unirci.
Ciò che noi vogliamo è realmente valido, solo se coincide con ciò che Lui ha voluto per noi.
La Sua volontà è invisibile, ma reale e si nasconde dentro il complesso delle circostanze che ci hanno fatto incontrare, che hanno reso piacevole lo stare insieme che ci hanno fatto ritenere la persona giusta per noi.
È la Sua mano che ha governato ciò che può essere altrimenti detto il caso o il destino che ci ha fatto incontrare e che ci ha fatto trovare “adatti” l’uno all’altro.
È in questa misterioso insieme di “circostanze favorevoli” che si può intravedere la Sua mano.
Trovarsi adatti l’uno all’altro non significa solo compatibili per carattere (sarebbe strano che la volontà di Dio non tenesse conto della necessità di trovarci reciprocamente sopportabili), ma anche bisognosi di ciò che l’altro può dare per realizzarci come persone e favorire il nostro compimento.
Il sì che diciamo all’altro è un sì a Chi ce lo ha voluto dare.
È un accettarlo dalle mani di Dio e sentircene responsabili in vece sua, per un po’ di tempo. La promessa è la riposta ad un invito misterioso regista che si esprime attraverso le circostanze della vita.
La visione di fede è questo senso liberante, perché libera dall’idea di essere soli, con i propri sforzi di buona volontà a “tenere in piedi il matrimonio”. Fondamentalmente è cosa Sua, una Sua proposta che noi ci siamo limitati ad accettare fidandoci di Lui. Ci da l’idea di poter contare su Qualcuno.
Dunque il principale interessato a che la cosa duri e vada bene è proprio Lui, non siamo soli né i principali interessati a desiderare che il nostro rapporto sia realizzante.
Questa è quel che si dice una “buona notizia”.
Nell’atto sacramentale del matrimonio noi riceviamo una promessa da parte di Dio: la pro- messa di aiutarci a rendere valida, operante ed effettiva la reciproca promessa che noi ci scambia- mo, a portare a compimento una promessa di amarci che rischia di fallire, compromessa com’è da tutti i nostri limiti umani.
A questo scopo ci fornisce di uno speciale “regalo di nozze”.
Esso consiste in un dischetto originale contenente il programma “come amare lei /lui” con le seguenti caratteristiche: è compatibile con il nostro computer, è aggiornabile, accompagnato da un certificato di assistenza gratuita, garanzia illimitata (addirittura eterna).
Questa potrebbe essere definita, in termini molto prosaici, la grazia del sacramento.
Se accettiamo di installarlo, è come se progressivamente il Suo modo di conoscere il coniu- ge, di amare il coniuge, di spendersi per la realizzazione del coniuge, passasse dentro di noi e diven- tassimo noi capaci di amare il coniuge “coma lo ama Lui”.
Infatti il nostro sguardo sul coniuge diviene sempre più misteriosamente profondo, com- prendendo non solo come oggi è ma anche come potrebbe diventare, cosa dovrebbe fare o smettere di fare se volesse realizzarsi veramente come persona, in cosa consiste il suo vero valore, e tiene vi- va la nostra voglia di farlo riuscire nella vita.
È come se, progressivamente l’amore di Dio per lui passasse attraverso il nostro carattere, la nostra intelligenza, la nostra volontà, la nostra capacità di capire e di fare ciò che lo realizza.
In questo modo la nostra capacità di amare l’altro si approfondisce e si purifica da tutti i condizionamenti psicologici, da tutte le dinamiche affettive che limitano o inquinano la nostra capa- cità di voler bene e ci rende capaci di mantenere fede alla promessa matrimoniale.
Il lavoro psicologico su di sé, la ricerca della consapevolezza dei punti deboli del nostro ca- rattere non è che il primo passo di risposta al Suo desiderio di agire attraverso di noi.
Poiché Egli ha deciso di servirsi di noi, della nostra umanità e del nostro carattere per pro- muovere la riuscita nella vita del nostro partner e poterlo “salvare”.
La consapevolezza psicologica dei nostri limiti ed il sano dispiacere che ci procura è già un regalo suo, parte di quell’aiuto promesso per far riuscire bene il rapporto.
La Sua grazia non agisce mai “scavalcando” la nostra psicologia, ma fa in modo di guarire la nostra stessa personalità per renderla adatta a lasciar passare il Suo amore, divenendo progressiva- mente più simili a Lui nel voler bene al nostro partner.
Nel desiderio di conoscerci di più, di vedere con maggiore realismo i nostri limiti e nel desi- derio e di migliorarci è già all’opera la sua grazia.
La stessa conoscenza di noi stessi va desiderata e invocata come una grazia.
Egli si incarica inoltre di far maturare il nostro rapporto di coppia.
Attraverso l’intreccio delle circostanze e il maturare delle dinamiche psicologiche ci rag- giunge con due tipi di esperienze maturative fondamentali: le soddisfazioni e le difficoltà, talvolta le crisi del rapporto di coppia.
Le soddisfazioni ci rendono certi del nostro valore, ci rendono consapevoli della nostra ca- pacità di dare, di amare l’altro, a partire dal riconoscimento che il nostro partner ci offre circa ciò che di positivo la nostra presenza sa dare a lui e ai nostri figli.
Tutti abbiamo bisogno di essere confermati, visti nella nostra reale positività per intuire l’immagine originale di noi stessi, abbiamo bisogno di recuperare l’innocenza verso noi stessi, di superare le percezioni difettose ed improprie della nostra identità con cui i nostri educatori ci hanno consegnati nelle mani del nostro coniuge.
Il Suo compito è di aiutarci a capire davvero chi siamo, e in cosa consiste davvero il nostro valore come persone.
Ma anche le difficoltà possono far maturare il rapporto di coppia: ci obbligano e rinunciare a qualche atteggiamento egocentrico, a decidere di lasciar morire qualcosa di noi per diventare mag- giormente capaci di voler bene, a superare alcune aspetti del carattere da cui siamo sempre stati condizionati per riuscire a prendere posizioni più “ per amore di verità e di giustizia” che per dipen- denza psicologica dal partner, a resistere accettando liberamente l’incomprensione e la solitudine affettiva, fronteggiando gli aspetti inconsistenti del suo carattere.
La fede non è un talismano che protegge dalla sofferenza.
La differenza tra chi crede e chi non crede sta nella maggiore fiducia con cui chi ha fede vi- ve l’eventuale sofferenza della crisi: la accetta, non la fugge, intuendone il potere di guarigione.
Emotivamente non la rifiuta, la affronta con più coraggio perché sa che “non avviene per caso” e che attraverso la lettura realistica e coraggiosa (non difensiva) del “perché questo sta succedendo”, è all’opera la Sua promessa di assistenza.
Chi ha fede si fida di più, è più disposto a credere che anche la sofferenza abbia un senso e accetta di capirla e “pensarla” ( che rappresenta il modo essenziale di viverla) fino in fondo.
Quando arriva una difficoltà possiamo solo decidere come viverla, che atteggiamento assu- mere nei suoi confronti.
Quando soffriamo per amore di verità e di giustizia, avendo capito ciò che c’era da capire riusciamo a “portare” con dignità la croce, essa non ci schianta, per quanto pesante.
Quando invece soffriamo perché fuggiamo dalla verità di noi stessi e dalle nostre responsa- bilità, trasciniamo la croce con grande fatica, smarrendo la serenità, con un grave senso di distru- zione psichica.
Quando permettiamo che vinca in noi una lettura parziale o di comodo della difficoltà pre- sente, influenzata dal nostro orgoglio, deformata dal vittimismo, condizionata dalla furbesca voglia di non avere responsabilità, soffriamo di una sofferenza malata, che non viene dalla sua mano, ma che ci siamo dati da soli; e in genere le croci che ci noi stessi scegliamo, sono peggiori di quelle che la vita ci chiederebbe di prendere sulle spalle.
Chi sa e spera che la riuscita del matrimonio non è solo una sua preoccupazione, accetta più facilmente la prova, ne è meno impaurito, è maggiormente disposto a capire ciò che deve capire e ad attuare i necessari cambiamenti con maggiore prontezza.
Cerca in se stesso delle coraggiose verità, non importa se brucianti, ascolta attentamente le parole del partner ed è capace di riconoscere la parte di ragione che gli spetta e di respingere con coraggio le sue manipolazioni della realtà.
È più desideroso di capire la verità che di difendere il suo punto di vista.
Dentro la crisi vede il Suo tentativo di trasformare entrambi per renderci capaci di essere fe- deli alla promessa che abbiamo fatto.
Ogni vera trasformazione è motivata dalla necessità di essere maggiormente fedeli, da una comprensione più radicale delle esigenze della fedeltà.
Lo sguardo di fede rende forti e dinamici i processi psichici, intensifica le energie. Toglie all’anima la paura che tutto sia assurdo ed inutile, infonde la certezza che valga la pena di provare a renderci disponibili alla Verità.